Nucleare no, nucleare si’: una umile riflessione

Ci stiamo avvicinando alla data che ci chiama al più diretto grado di espressione della democrazia dei cittadini a cui spesso non diamo la giusta importanza. Basti pensare che in molti paesi, anche di profonda tradizione democratica, questo strumento non viene utilizzato o addirittura non previsto.

Molti sono i dibattiti e le posizioni che si son viste affermarsi in questo periodo.Voci della politica, personaggi che vengono considerati uomini di scienza, cittadini che magari non sono competenti sul processo di fissione nucleare ma si preoccupano delle conseguenze. Tutti offrono una loro interpretazione e spesso come avviene negli oroscopi si pone attenzione a tutti gli elementi che meglio supportano la personale convinzione, spesso ottenuta elaborando più emozioni che tentativi di porsi domande al fine di trovare una via che non sia solo tifoseria.

Per questo oggi ho avvertito forte la necessità di rendere pubbliche alcune mie riflessioni perché possano essere serenamente lette da tutti coloro che saranno incuriositi a farlo.

Mi ha sempre colpito l’affermazione che il disporre di centrali nucleare ci permetterà quella indipendenza energetica che ora non abbiamo. Questo perché il nostro Paese non dispone di risorse di uranio o quant’altro e quel che è peggio non dispone nemmeno di nessuna azienda che arricchisca l’uranio; processo indispensabile per poter avere energia nelle centrali nucleari.

Se l’indipendenza energetica è una priorità, be’ allora dovremmo pensare a quello che abbiamo e come da quello che abbiamo possiamo ottenere energia per le nostre attività. E la ricerca dovrebbe effettivamente essere completamente concentrata in questa direzione, però non mi risulta che purtroppo questa sia una priorità dei governi e nemmeno degli enti di ricerca italiani.

Sì, è vero, noi ora paghiamo energia dalla Francia e non solo che proviene dalle loro centrali nucleari, ma dovremmo comunque comprare da loro arricchimento uranio, da altri l’uranio stesso e passerebbe ancora molto tempo prima di poter avere realmente energia da centrali che compreremmo comunque da altri.

Molti dicono che l’energia elettrica ottenuta dalle centrali nucleare sarebbe più economica e quindi permetterebbe lo sviluppo del Paese anche nell’ottica di garantire sviluppo ai nostri figli.

Il costo è un altro elemento che è, più o meno, come chiedere il futuro a un cartomante; dato che né l’uranio né il processo di arricchimento è sotto nostro controllo è difficile ipotizzare il suo costo soprattutto se si crea proliferazione di centrali e con riserve comunque non inesauribili dello stesso. Inoltre mi piacerebbe, ma non l’ho mai vista, anche se è ovvio che sia così, nessuna valutazione sul costo del kWh del processo di smaltimento delle scorie e della manutenzione che questo materiale ha. Basti pensare che noi stiamo sempre pagando la manutenzione delle nostre centrali non attive e rese inoperative 20 anni fa. Inoltre appare chiaro anche a un bambino che mentre di certo siamo in grado di controllare e mantenere in sicurezza il processo se tutto va bene, un incidente indipendentemente dalla causa è un processo che non siamo in grado di gestire in sicurezza e quel che è peggio non siamo sicuri di saper dominare e poter tramandare ai posteri.  Questi costi che poi vengono pagati dalla comunità tutta non vengono mai messi sul conto del kWh.

Per quanto riguarda il futuro dei nostri figli, io non ne ho, però penso che avere a cuore l’umanità e sentirsi responsabili anche per le generazioni future non sia appannaggio solo dei genitori. Credo che ogni generazione dovrebbe lasciare una eredità non troppo perniciosa alle generazioni successive; ritengo etico, se si fanno scelte che possono includere il rischio, che quel rischio lo paghi la generazione che l’ha scelto e non venga invece riversato pesantemente sul futuro condizionando in peggio la vita di chi non ha avuto la colpa di scegliere quella direzione.

Veniamo alla motivazione che se non si dispone di centrali nucleare si impedisce la ricerca in questo campo; questo a me suona davvero insolito. Lavorando in un ente di ricerca che ha come obiettivo la ricerca pura senza necessità che questa risolva i problemi dell’umanità ma piuttosta offra risposte al bisogno di conoscenza, trovo davvero strano che un governo e una comunità di scienziati decida di non indagare in una direzione solo perché non ha la centrale operativa in casa. Il CERN sta a Ginevra e lì si sta lavorando ai grandi successi degli esperimenti LHC, perché non si può fare così anche per il nucleare?

Ce ne sono già molte di centrali e quelle che ci sono già hanno un impatto di rischio e quindi a questo punto vanno rese sempre più sicure e da quelle si può trarre energia anche per gli altri senza necessità di costruirne altre per adesso.

Qualora disporremo di un controllo maggiore su questa produzione di energia ne riparleremo.

Visto che già ora la produzione in Francia in alcuni momenti della giornata è in surplus e quindi viene venduta ad altri a  minor costo e che l’indipendenza energetica è una chimera che non ha fondamento.

Penso che una riflessione su questi punti sia necessaria e, al di là poi delle posizioni di fede o di pseudoscienza, nessuno, se onesto intellettualmente,  è in grado di stabilire se il nucleare è davvero questa unica panacea a tutte le esigenze energetiche come qualsiasi altra forma comprese le rinnovabili.

Credo comunque che quello che dovrebbe guidare le nostre scelte nel dubbio è  l’obiettivo di ridurre al minimo l’impatto negativo che qualcosa può avere sulla qualità della vita nostra ma soprattutto sulla vita delle future generazioni; perché se è vero che abbiamo bisogno di energia è anche vero che nel mondo ci saranno anche altre emergenze quali il bisogno dell’acqua e delle derrate alimentari necessarie alla vita e queste fra non molto tempo ci porranno la questione di diver ripensare al mondo come interdipendente e di iniziare a riorganizzare l’attuale visione di potere territoriale, perché i paesei disporranno di risorse diverse necessarie e non potremmo essere indipendenti all’interno di un confine geografico quasi per niente.

Pertanto sarà importante pensare a potenziare le risorse dove queste già ci sono o dove potranno meglio essere prodotte per poi ridistribuirle sulla popolazione mondiale e non a chiuderci in piccole enclave di falsa sicurezza legate al solo territorio. Però questo va al di là del nucleare e quindi per evitate di annoiare, mi fermo qui.

Buon voto a tutti

     Roberto

8 pensieri su “Nucleare no, nucleare si’: una umile riflessione

  1. Caro Roberto,
    Da un punto di vista tecnico (fisico) visto che un kg di uranio ha 3 milioni di volete l’energia di un litro di petrolio e entrambi producono scorie. Bisognerebbe capire bene quali scorie siano oggi più sostenibili per i nostri figli. Se ritieni validi i modelli che descrivono il clima del nostro futuro, sai che la percentuale di CO2 nell’atmosfera e’ già tale da alzare la temperatura di 2.2 gradi (e le relative conseguenze); se non li ritieni validi comunque abbiamo una quantità di CO2 nell’atmosfera sopra a qualunque valore mai raggiunto sulla terra. Il principio di precauzione ci dovrebbe suggerire di cambiare rapidamente il modo in cui stiamo inquinando il nostro pianeta.
    Proprio la sostenibilità che poni come base del tuo discorso ci impone due strade: a) mantenere il sistema economico attuale e scegliere una forma di energia (che definirei capitalistica e condivisibile dai più) come il nucleare e migrare con il tempo necessario verso le rinnovabili come sta facendo la Germania; b) cambiare la testa alla gente e fare ciò che dice greenpeace. Il problema di questa seconda scelta e’ che non bastano la testa tua e mia, e nonché quella della popolazione sulla quale fanno ricadere la “colpa” della situazione e ti spingono a pensare che dobbiamo scegliere la green economy (che e’ come dire riciclare i principi capitalistici in termini ambientalistici) e manco la testa degli altri 6 miliardi di abitanti della terra che stanno iniziano a sfruttare l’energia, bisogna combinare il sistema di consumo imposto dalle leggi di mercato, che consuma il 70% dell’energia mondiale in trasporti e industria, e questo non dipende da noi cittadini se non a lungo termine e con tanta, tanta coscienza ed educazione.
    Il nucleare e’ una soluzione attuabile oggi, che ci permette di non fare esplodere il nostro mondo a breve, le rinnovabili sono una soluzione del domani, sulle quali ci dobbiamo impegnare per anni prima che si possa finalmente arrivare a non farci prendere in giro dalla green economy.
    Permettimi infine un ultimo appunto sulla ricerca. In Italia il budget di tutti i centri di ricerca ed università penso che si conti in miliardi di euro che stanno sulle dita di una mano o poco più. Iter costerà 12 bilioni di euro (numero piu’ da topolino che da umani). Penso che questa sia la grande differenza fra la ricerca che fai al CERN e il perché non sia cosi’ facile e scontato fare ricerca in campo nucleare se questa contemporaneamente non rende in qualche modo. E soprattutto ricordati che in Italia fino al referendum di 20 anni fa c’era l’eccellenza della ricerca in questo campo (se non sbaglio eravamo al 5to posto al mondo). Oggi l’agenzia per il nucleare italiana non ha neanche la segretaria.
    Comunque ritengo che lo sviluppo economico di un paese e’ strettamente legato al suo sviluppo energetico, e che solo un vero piano, politicamente trasversale, possa garantire il progresso reale del nostro paese. Non ritengo che in questo ne i tecnici, ne li cittadini italiani debbano decidere se non attraverso una scelta veramente politica. Per questo trovo che i referendum su questa materia siano sbagliati, e delegittimano il valore stesso dell’organo referendario.
    Penso quindi che non ritirerò la scheda grigia.

  2. Buon articolo e buona replica, almeno per la mancanza di insulti; ultimamente gli insulti abbondano quando si parla di nucleare.

    Io credo che, prima di dare indicazioni di voto, bisognerebbe pensare: “per cosa votiamo??”. Al momento, anche se nessuno lo vuol dire, stiamo andando a votare per decidere se vogliamo o meno regalare buona parte dei nostri quattrini ai francesi.

    L’acqua privata servirebbe a dar da mangiare ad aziende come Vivendi, che ha perso la gestione della rete parigina; l’azienda ora pare intenzionata ad abbandonare il comparto, ma il piano era centrato su questo tipo di multinazionali. Che vada in porto o meno, l’intenzione era quella.

    Il nucleare di cui si parla è una cosa precisa: fissione di uranio debolmente arricchito in pentole di acqua leggera pressurizzata. E’ una definizione imprecisa? Certo! Però è più precisa di quella fornita finora da personaggi che ci parlano della quarta generazione senza dire che la roba che vogliono installare nei prossimi 20 anni funziona esattamente come gli impianti di 40 anni fa….

    Dimenticavo: le pentole suddette le compreremmo dai francesi, per una quantità di quattrini che in realtà non avremo mai. Una gita in Finlandia potrebbe giovare. Personalmente credo che possiamo dormire sonni tranquilli: qualsiasi tentativo di imbarcarsi in simili avventure ci porterebbe subito alla bancarotta. Il problema semmai è un altro: al referendum dobbiamo dire per l’appunto se desideriamo o meno la bancarotta della nazione. Abbiamo confuso un rischio politico / economico con un rischio ambientale / sanitario.

    PS: al momento i francesi stanno anche cercando di fare le scarpe al nostro Eni in Libia. Quanti dolori ci danno ultimamente i nostri cugini d’oltralpe.

  3. Caro Giovanni,
    grazie della replica cosi’ articolata anche se devo essere sincero non ho capito perche’ pensi che replicare anche in Italia il nucleare proprio ora sia necessario dato che, come tu stesso dichiari, viene imboccata una direzione diversa in molti paese che l’hanno scelto come opzione nel passato. Per noi sarebbe un investimento che comunque impiegherebbe anni ad essere realizzato prima di produrre vera energia. Inoltre come affermi, in un paese che si e’ dato questo obiettivo l’Agenzia non dispone nemmeno di una segreteria, questo e’ un indice di quanto sia serio l’investimento in Italia e non e’ incoraggiante.
    Come dici tu e’ una decisione che non e’ solo tecnica perche’ fosse solo tecnica, dovremmo anche spiegare dove smaltire le scorie, fase sempre mal celata e senza solizioni serie, basti pensare che il luogo non e’ stato mai identificato e di scorie ne abbiamo gia’ molte che facciamo viaggiare in Francia, ma che ci siamo impegnati a riprendere quando avremo individuato il sito.
    Anche questo non depone a favore devo dire. La responsabilita’ di una scelta secondo me e’ importante e ci si deve far carico sempre.
    Dissento invece totalmente sull’inciso: “Non ritengo che in questo ne i tecnici, ne li cittadini italiani debbano decidere se non attraverso una scelta veramente politica”. Io credo che i cittadini sono sovrani nelle scelte politche e non so a chi tu pensi di demandare questa politica illuminata, perche’ io non vedo nessuno piu’ titolato di chi poi ne paga le conseguenze.
    Ciao e grazie
    Roberto

  4. Caro Roberto,
    provo a spiegarmi meglio, per me l’unica differenza fra la soluzione a) e b) e’ che nella prima c’è la tecnologia per risolvere il problema e la cultura (che non approvo personalmente) per realizzarla; la seconda ancora non la ha ne tecnologia ne cultura (che penso sia il vero scoglio, e che necessita di decine di anni di conoscenza ed educazione).
    Sono molto contento di come e’ andato il referendum, ma ritengo che sbagliamo a usare il problema dell’energia come strumento di valutazione politica. Dobbiamo essere in grado di sceglierci, da una parte e dall’altra, chi ci governa. Cosi facendo continuano a togliere le castagne dal fuoco a chi deve decidere e dargli la possibilità di fregarci ancora di più, gli togliamo quella responsabilità che ora ci siamo assunti noi votando.
    Oggi nel campo dell’energia – anche forse grazie alla nostra scelta di 25 anni fa contro il nucleare, ad un piano energetico nazionale fermo a gli anni 70, a incentivi per il fotovoltaico che lo fanno costare più che in ogni altra parte del mondo (sbandierato, guarda caso, come la panacea di tutti i mali sulla radio della confindustria), a certificati verdi venduti per comprare l’energia più sporca di tutta Europa, ad importazioni di gas e petrolio da paesi altamente instabili, etc, etc – mi sento di poter dire che relegare al tema del nucleare la titolarità degli italiani su questo argomento e’ veramente deprimente e forse un po’ troppo facile e propagandabile rispetto alla reale situazione.

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  6. Caro Giovanni,
    credo di comprendere le tue preoccupazioni; si’ e’ vero il problema energetico non viene affrontato da decenni. Innanzi tutto non si sa nemmeno bene quale sia il nostro reale fabbisogno e quanta energia e altre risorse sprechiamo solo perche’ siamo figli dell’epoca del dopoguerra che nel rifiorire dell’economia ha pensato che felicita’ era lasciare il rubinetto dell’acqua scorrere anche se non serve e usare elettricita’ senza pensare se serve e dove serve. Il voto politico e’ il meno rispondente ai cittadini di qualsiasi altro; nessuno ha votato e scelto le persone sedute in Parlamento; ha votato coalizioni, prese di posizioni, il meno peggio o per tradizione storica o perche’ spinto dal capogruppo piu’ influente ma nessuno di quelli deve rispondere ai cittadini e questo di fatto rende il Parlamento un organismo privato del suo riferimento a gruppi e interessi anche territoriali. Nessuno si sente di dover rispondere dell’operato perche’ scelto dalle segreterie dei partiti, sino a quando questo non cambiera’ non ci sara’ nessuna possibilita’ di avere anche un piccolo miglioramento a quello che c’e’ ora. Insieme a questo deve crescere un senso di responsabilita’ e coscienza dei singoli, ognuno nel proprio ambiente, all’interno dei propri rapporti di lavoro, di relazione, di vita per evitare di propagare la cultura della sopraffazione e del cercare sempre scorciatoie. A volte sono necessarie per sopravvivere pero’ molto spesso sono modus vivendi che non si vogliono superare perche’ generano fatica e richiedono energia. Pero’ solo cosi’ sara’ possibile davvero cambiare direzione. Non arrivare al paradiso in terra ma conquistare quel senso di appartenenza civile che poi diventa volano per un bene comune che migliora la vita di tutti e ne permette lo sviluppo. Portando come conseguenza la crescita anche economica del Paese. Il voto al referendum ha questo valore, la voglia di recarsi al seggio per dire cosa si vuole, giusto o sbagliato che sia, nessuno ha la scienza infusa, nessuna posizione e’ assolutamente buona o cattiva, dipende sempre da come la gestisci e quali sono i tuoi reali interessi. Quindi credo che si debba ripartire da qui, dal desiderio di una buona parte di italiani che hanno voglia di riappropriarsi delle scelte sul loro territorio e la buona politica deve ora rinascere per intercettare questo desiderio e non sprecarlo. Io spero che questo Paese possa intraprendere una nuova strada che possa sfruttare tutte le risorse che abbiamo sul territorio e possa metterle in gioco a vantaggio delle future generazioni.
    Buona giornata
    Roberto

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