di Franco Bagnoli
Sono un ricercatore – fisico nella facoltà di Ingegneria di Firenze – ormai vicino ai 50 anni. Mi ritrovo un’altra volta all’inizio di un anno accademico stretto tra due sentimenti contrastanti. Da una parte, la passione che mi ha fatto scegliere di entrare nell’università, e quindi fare un lavoro senza “mansionario”, senza orari e cartellini, ma con un “obbligo morale” per fare del mio meglio.
Questo ha voluto dire lavorare a volte (o spesso) anche di sabato e domenica, svolgere compiti burocratici e mansioni che non mi dovrebbero competere, ma soprattutto fare corsi, esami, assistenza tesi, ecc. senza che nessuno mi obbligasse, solo per passione e senso di responsabilità. Ovviamente questo si applica alla maggioranza delle persone, non a tutti.
So che ci sono ricercatori che non fanno ricerca né didattica, o professori che non vanno a lezione, mandandoci magari i dottorandi, anche se io non ci ho mai avuto a che fare di persona, né come studente né come ricercatore. Sono pochi, ma bastano per dare una pessima reputazione all’università, ed è anche colpa di presidi e rettori se certi malcostumi continuano a esistere… (continua a leggere su manifesto.it)