01/11/2011 | Stefano Riela
Se l´Europa non va oltre i proclami resteremo schiacciati tra i numeri asiatici e la qualità americana. Il passaggio dall´economia industriale a quella terziaria sta riducendo la nostra intensità di ricerca.
Se da un lato l´agenda dei capi di Stato e di governo (e dei ministri economici) si infittisce per trovare, e soprattutto implementare, soluzioni per tamponare la crisi, rimane sullo sfondo il tema della competitività. Una delle sette “iniziative faro” della strategia Europa 2020 è “L´Unione dell´innovazione”; con una comunicazione che ha compiuto da poco un anno (6 ottobre 2010) la Commissione ha delineato le modalità per affrontare l´emergenza dell´innovazione. Nel frattempo, la stessa Commissione pubblica il report 2011 sulla competitività dell´Unione dell´innovazione e la strada sembra essere tutta in salita. In un´economia globalizzata, il vantaggio competitivo europeo risiede principalmente nella sua capacità di competere con prodotti ad elevato valore aggiunto. Tuttavia, la partecipazione dell´Europa alla capacità di ricerca mondiale (in termini di investimenti e di ricercatori) e ai risultati (in termini di pubblicazioni scientifiche, tecnologiche e di brevetti) sta diminuendo, sullo sfondo dell´emergere del resto del mondo e in particolare delle principali economie asiatiche… (continua a leggere su formiche.net)