
Già nei rapporti del 2010 e del 2011 il CNVSU sottolineava alcune anomalie relative agli atenei che offrono esclusivamente formazione a distanza. Per esempio, il fatto che tra gli immatricolati alle università telematiche la percentuale di coloro che avevano riportato un voto di maturità alto fosse molto ridotta, e che quella dei ricercatori sul totale dei docenti fosse invece estremamente elevata, vale a dire pari al 63,6 per cento. A sollevare la perplessità del CNVSU rispetto al livello dell’offerta formativa è stato anche il fatto che, per la natura dell’insegnamento erogato dalle università telematiche, vengano meno alcune attività sperimentali importanti e laboratori che normalmente prevedono la frequenza da parte degli studenti. Per queste e altre ragioni ora il ministro vuole monitorare la qualità e formulare una serie di proposte di intervento per tutelarla.
La commissione di valutazione appena nominata è formata da tre componenti: Stefano Liebman, professore ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università Bocconi di Milano; Marco Mancini, rettore dell’Università della Tuscia di Viterbo e Presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI); Marcella Gargano, vice-capo di gabinetto MIUR. I tre avranno due mesi a loro disposizione per analizzare la realtà delle università telematiche e stendere una relazione da consegnare al ministro Carrozza.
Al momento le università telematiche italiane non godono ancora dello stesso successo di quelle inglesi o spagnole. Per l’anno accademico 2012-2013, infatti, il totale degli immatricolati nei vari atenei a distanza è stato di circa 35mila unità, mentre la sola Open University (Inghilterra) conta 180mila iscritti. Probabilmente il lavoro della commissione di valutazione appena nominata potrà rivelarsi utile anche per gli atenei stessi e aiutarli a vincere le diffidenze che ancora frenano molti studenti.
Fonte: università.it
CErto che neanche la Carrozza sa dove stia di casa la terzietà. Facciamole scrivere mille volte alla lavagna “Non chiedere all’oste se il vino è buono” . (azz. mi dicono che il gesso è finito e non c’è soldo per ricomprarlo)
Come al solito non si capisce che ogni strumento mediatico ha potenzialità e limiti. L’Università (ogni corso) dovrebbe legare entrambe le attività didattiche, quella teorica-telematica e quella, dove richiesto, sperimentale e pratica sul campo.
Un’idea che mi era venuta era quella di effettuare (sono un ingegnere chimico) la parte teorica (con esercizi) di ogni corso in rete (youtube e/o siti dedicati), con presentazioni delle lezioni online, alta qualità, ottimizzate ed aggiornate con animazioni, link ad applicazioni reali presso siti accademici ed industriali, ecc.
Il contatto con il Prof viene mantenuto via email per richiesta di chiarimenti, esercizi ed altro.
Dopo essersi prenotati per l’esame orale ed averlo superato, si fa uno stage (15-30 gg, continui, in piccoli gruppi a rotazione, alloggiati presso l’università) presso i laboratori universitari (o presso strutture di ricerca e/o industriali). A valle di questo stage “pratico” si effettua la seconda parte dell’esame (“pratica”) che sancisce il superamento dell’esame o meno.
In questa maniera si sarebbe un utilizzo ottimale delle strutture universitarie ed una formazione completa ed organica. Almeno penso.