Un commento sullo stato giuridico

Estraggo e mi permetto qualche commento sullo stato giuridico dei ricercatori e tecnologi degli Enti Pubblici di Ricerca, prendendo spunto dal recente comunicato FLC CGIL-FIR CISL-UIL RUA del 5 luglio 2013, dal titolo: Ricercatori e tecnologi come nuovi “tecnici laureati”?

[testo integrale (pdf)]

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Lungi da me polemizzare con delle importanti organizzazioni sindacali, che esprimono in piena legittimità un loro parere, ma penso sia interessante – partendo da questa presa di posizione – discutere di un tema così importante apertamente nella comunità scientifica italiana, con serenità e senza posizioni preconcette. Sarei, infatti, davvero felice di sapere cosa ne pensano i miei colleghi (usate senza timidezza il linkLascia un commento“), sia quelli che tento di rappresentare nell’INFN, sia quelli impegnati in altri Enti, Università e settori scientifici diversi.

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L’incipit, corrisponde a dei fatti, ovvero un’effettiva risposta del neo-Ministro Carrozza a sollecitazioni nel senso di accorciare la distanza tra ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca (la cui missione è quella di fare prevalentemente ricerca) e quella che è la loro controparte, cioè i ricercatori e docenti universitari, impegnati (con varia gradazione definita dalla Legge 240/2010) nella ricerca e ovviamente nella didattica.

Nella recente relazione al Parlamento il Ministro Carrozza ha tenuto a sottolineare due aspetti di una certa rilevanza. In primo luogo, il Ministro ha riconosciuto le attuali difficoltà degli Atenei a mantenere un adeguato livello dell’offerta formativa a causa della progressiva riduzione del personale docente, tanto da dover avanzare la proposta di un reclutamento straordinario per porre rimedio a questa tendenza. In secondo luogo, il Ministro ha introdotto l’ipotesi di una ridefinizione dello status di ricercatori/tecnologi degli EPR per favorirne una maggiore mobilità verso le Università e il privato.

Il comunicato prosegue con delle legittime preoccupazioni:

Nel constatare che non si pensi ad analoghe modificazioni per lo status del docente universitario, le due questioni sollevate dal Ministro Carrozza sembrano apparentemente scollegate. In realtà esse trovano un riscontro nelle posizioni di alcuni Presidenti degli EPR convinti di riuscire a risolvere contemporaneamente i problemi degli Enti e degli Atenei attraverso l’offerta di personale tecnologo e ricercatore da destinare alla didattica universitaria.

In linea generale tale disegno di per sé potrebbe avere un suo fondamento, ammesso però che agli EPR si voglia attribuire prioritariamente una missione di “soccorso” in favore di Università in panne e si considerino irrilevanti le difficoltà degli EPR a svolgere già oggi le proprie funzioni istituzionali (per di più con sempre minor personale), con il concreto rischio di un’ulteriore drammatica riduzione dello spazio pubblico della ricerca già fortemente compromesso nel nostro Paese.

Si richiamano, oltre ai problemi degli EPR, quelli non piccoli, quelli dei ricercatori universitari, esprimendo ancora preoccupazioni più che condivisibili:

Oltre ad un oggettivo effetto di depotenziamento degli EPR, appaiono estremamente preoccupanti le possibili traduzioni pratiche della ridefinizione dello status di ricercatori/tecnologi degli EPR e del conseguente impiego nelle Università.

Si stabilisce poi una connessione logica, che forse non c’è:

Purtroppo a conferma delle nostre perplessità va ricordato che mentre l’ipotesi di legificazione dello status di ricercatori/tecnologi ha cominciato a fare proseliti anche tra qualche Presidente degli EPR, in contemporanea il precedente Ministro Profumo ha introdotto la figura del “tecnologo a tempo determinato” (art. 54, comma 1 del DL n. 5/12 convertito dalla Legge n. 35/12), equiparata a tipologie professionali tecniche ed amministrative universitarie ed inquadrata nelle categorie D3 e EP3. Cosa evidentemente diversa della docenza universitaria.

Dalla quale si trae, infine, una conclusione, che a questo punto non ha – a mio parere – la stessa solidità della sensatissima, anzi assolutamente condivisibile analisi in premessa:

Si rischia quindi di tradurre il “nuovo” status per ricercatori/tecnologi in una riedizione della figura del “tecnico laureato”: personale che può fare didattica, ma a cui non è riconosciuta nessuna delle prerogative della docenza, come il diritto di voto sugli organismi accademici, la partecipazione alla attribuzione dei fondi di ricerca, l’attribuzione di incarichi, la partecipazione alla programmazione delle attività universitarie.

Il comunicato si chiude con una “dichiarazione di guerra” (contrasto) a ogni iniziativa sullo stato giuridico dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca, enunciato in chiave di una contrapposizione che – sempre a mio modesto parere – non c’è, almeno in termini così assoluti e netti, tra gli interessi dei ricercatori universitari, e quelli degli Enti di ricerca, istituzioni entrambe – purtroppo – strangolate e umiliate, oltre che da anni di riforme astratte o addirittura punitive, dalla drastica riduzione di risorse, e dalla stretta mortale sul turn-over.

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