L’Università degli Studi de L’Aquila ha portato avanti negli scorsi mesi una ricerca molto approfondita che smonta la tesi sostenuta dal tecnico abruzzese, Giampaolo Giuliani
Non ci fu alcun segnale “premonitore” dal radon prima del terremoto che distrusse L’Aquila il 6 aprile di quattro anni fa.
L’Università degli Studi de L’Aquila ha portato avanti negli scorsi mesi una ricerca molto approfondita che smonta la tesi sostenuta dal tecnico abruzzese, Giampaolo Giuliani, che sosteneva si potesse prevedere il sisma analizzando le emissioni di gas.
Giuliani fu anche denunciato per procurato allarme.
Lo studio è stato publicato sulla rivista Environmental Earth Sciences: non ci fu aumento significativo della concentrazione di radon a marzo 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008. Anzi: un confronto diretto fra i dati del marzo 2009 con quelli del marzo 2004 mostra una diminuzione media del 30% delle emissioni di gas nell’anno del terremoto.
Repubblica ha intervistato l’ex presidente dell’Ingv.
“Che le ‘previsioni’ – ha spiegato l’ex presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica (Ingv), Enzo Boschi – basate sul radon fossero una cosa destituita di ogni fondamento era ben noto, anche se se ne parla inutilmente dagli Anni ’40. Il nuovo studio mette fine alle polemiche sulla possibile prevedibilità del terremoto che sarebbe stato anticipato da emissioni di radon nel territorio. Nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato nel tempo che non esista nessun nesso tra le emissioni di radon dal terreno ed eventi sismici, ottenne grande eco mediatica la voce secondo cui il terremoto era in qualche modo prevedibile. Nessuno è mai riuscito a capire come venivano fatte le misure a L’Aquila – ha proseguito Boschi – il problema vero è che furono prese in considerazione da tutta l’informazione nazionale e internazionale”.
Boschi ha ringraziato i quattro ricercatori: “Questi 4 giovani ricercatori aquilani hanno fatto una cosa importante perché hanno dimostrato ancora una volta che il metodo scientifico da Galileo in poi, benché lento e faticoso, consente sempre progressi (anche minimi, ma positivi) nella conoscenza del mondo che ci circonda “
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