Un pensiero su “[Video]: Tg2 Dossier – “Precari eccellenti””
Commento sui primi 26′ (devo ancora vedere il resto), da parte di un vostro collega multi-emigrato: tutto bene ma non mi piace il messaggio che sembra passare nella parte relativa alla collega di Parma che ha perso un concorso, “nonostante lei fosse l’unica candidata interna”, che e’ stato vinto da un tedesco.
Innanzitutto non viene detto che concorso e’, perche’ fa molta differenza: era un posto da ricercatore, come sembra di capire, o una borsa?
Se si trattava di un posto da ricercatore, devo dire che senza sapere i retroscena di quel concorso, ma tenendo conto che nessuno sembra mettere in dubbio (nemmeno la diretta interessata) che il tedesco fosse il piu’ bravo, mi viene da prenderla come una buona notizia: e’ estremamente eccezionale che il vincitore non sia il candidato interno, ed ancor piu’ eccezionale che sia addirittura straniero.
Se invece si tratta di una borsa su un progetto specifico, e a tempo determinato, allora posso concordare sul fatto che un candidato gia’ formato sia preferibile, a parita’ di bravura, a un esterno.
Non so se il discorso della nostra collega sia stato tagliato ad hoc e si sia perso quindi qualche altro argomento, ma la trasmissione li’ sembra mandare il messaggio semplicistico, e secondo me drammaticamente errato, che:
1) la soluzione al problema del brain drain e’ maggior protezionismo (sembra che vogliano indignare per il fatto che una italiana perde il lavoro a favore di un tedesco; ma dal punto di vista del brain drain e’ indifferente)
2) tutte le decisioni dovrebbero essere locali.
La collega ha ragione che all’estero di solito le procedure di reclutamento sono interne, e non delegate a una commissione indipendente. Pero’, per vari motivi che sarebbe lungo analizzare, sono estremamente rari i casi di nepotismo, dove con questa parola non intendo solo i casi tipo “tutto un corridoio con soli due cognomi” (che non sono rari, anche se non capita in tutti i dipartimenti) ma anche quelli, tipicamente considerati del tutto normali da noi, in cui la promozione va a chi e’ stato fedele e non a chi e’ piu’ bravo. E inoltre, negli stessi paesi esteri che la nostra collega menziona, nessuno si sorprenderebbe se un posto (soprattutto se fisso, o quantomeno di lunga durata) viene dato a un esterno che non conosce il dipartimento, se piu’ titolato o convincente di un interno. Anzi, sono proprio le carriere troppo interne (dalla laurea al posto fisso nella stesse sede) l’eccezione, e in alcuni posti sono addirittura vietate, per costringere la gente ad evitare il temutissimo provincialismo (che per qualche motivo, e secondo me per hubrys, non sembra essere considerato un problema da chi resta in Italia.)
Commento sui primi 26′ (devo ancora vedere il resto), da parte di un vostro collega multi-emigrato: tutto bene ma non mi piace il messaggio che sembra passare nella parte relativa alla collega di Parma che ha perso un concorso, “nonostante lei fosse l’unica candidata interna”, che e’ stato vinto da un tedesco.
Innanzitutto non viene detto che concorso e’, perche’ fa molta differenza: era un posto da ricercatore, come sembra di capire, o una borsa?
Se si trattava di un posto da ricercatore, devo dire che senza sapere i retroscena di quel concorso, ma tenendo conto che nessuno sembra mettere in dubbio (nemmeno la diretta interessata) che il tedesco fosse il piu’ bravo, mi viene da prenderla come una buona notizia: e’ estremamente eccezionale che il vincitore non sia il candidato interno, ed ancor piu’ eccezionale che sia addirittura straniero.
Se invece si tratta di una borsa su un progetto specifico, e a tempo determinato, allora posso concordare sul fatto che un candidato gia’ formato sia preferibile, a parita’ di bravura, a un esterno.
Non so se il discorso della nostra collega sia stato tagliato ad hoc e si sia perso quindi qualche altro argomento, ma la trasmissione li’ sembra mandare il messaggio semplicistico, e secondo me drammaticamente errato, che:
1) la soluzione al problema del brain drain e’ maggior protezionismo (sembra che vogliano indignare per il fatto che una italiana perde il lavoro a favore di un tedesco; ma dal punto di vista del brain drain e’ indifferente)
2) tutte le decisioni dovrebbero essere locali.
La collega ha ragione che all’estero di solito le procedure di reclutamento sono interne, e non delegate a una commissione indipendente. Pero’, per vari motivi che sarebbe lungo analizzare, sono estremamente rari i casi di nepotismo, dove con questa parola non intendo solo i casi tipo “tutto un corridoio con soli due cognomi” (che non sono rari, anche se non capita in tutti i dipartimenti) ma anche quelli, tipicamente considerati del tutto normali da noi, in cui la promozione va a chi e’ stato fedele e non a chi e’ piu’ bravo. E inoltre, negli stessi paesi esteri che la nostra collega menziona, nessuno si sorprenderebbe se un posto (soprattutto se fisso, o quantomeno di lunga durata) viene dato a un esterno che non conosce il dipartimento, se piu’ titolato o convincente di un interno. Anzi, sono proprio le carriere troppo interne (dalla laurea al posto fisso nella stesse sede) l’eccezione, e in alcuni posti sono addirittura vietate, per costringere la gente ad evitare il temutissimo provincialismo (che per qualche motivo, e secondo me per hubrys, non sembra essere considerato un problema da chi resta in Italia.)