Fonte: Le nostre pensioni
Tutte le novità previdenziali del decreto Madia sulla Pa approvato in commissione alla Camera
di Raffaele Marmo
E’ ormai fatta: i 4 mila prof. della cosiddetta «quota 6», rimasti intrappolati nelle maglie strette della riforma Fornero, potranno andare in pensione dal primo settembre prossimo. Il via libera all’emendamento specifico è arrivato nella notte, insieme al disco verde per l’intero decreto legge di riforma della Pa. Manca solo l’approvazione dell’aula di Montecitorio, prevista per lunedì, e il rapido passaggio blindato al Senato.
Vediamo, dunque, che cosa è cambiato nel provvedimento durante l’esame parlamentare sul versante previdenziale.
Via libera ai «quota 96». La prima novità, introdotta ex novo, riguarda proprio il personale della scuola che, pur avendo maturato i vecchi requisiti nell’anno scolastico 2011/2012, era stato fermato sulla via del pensionamento dall’arrivo delle nuove regole che avevano innalzato età e requisiti per tutti.
Dopo anni di battaglie e emendamenti presentati e non passati, il nodo sembra ormai essere stato sciolto. I 4.000 docenti che avevano raggiunto la cosiddetta «quota 96» (come somma di età e anzianità contributiva) nel 2011-2012 e che, per le specifiche e particolari regole della scuola, avrebbero potuto lasciare l’insegnamento a settembre 2012 ma che non l’hanno potuto fare perché bloccati dalla riforma, ebbene, questi docenti potranno andare in pensione dal 1° settembre prossimo.
Si tratta di attendere ora le istruzioni operative dell’Inps, una volta approvato definitivamente il decreto. A quel punto gli interessati avranno 15 giorni per presentare la domanda di pensione. Attenzione, dunque, al mese di agosto. Presentata la domanda, lo stesso Istituto previdenziale dovrà compilare una graduatoria applicando un criterio progressivo risultante dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva vantata dai singoli richiedenti alla data del 31 dicembre 2012.
Ottenuta la pensione, però, i prof. interessati dovranno attendere il raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o per quella anticipata per poter conquistare anche il pagamento della buonuscita.
Fine del trattenimento in servizio. Il provvedimento mette fine all’istituto del trattenimento in servizio che permetteva ai dipendenti pubblici di rimanere a lavoro per altri due anni anche una volta raggiunti i requisiti per il pensionamento. Ebbene, questa possibilità viene cancellata e i «trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto sono fatti salvi fino al 31 ottobre 2014 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore». E’ prevista una parziale eccezione solo per i magistrati e gli avvocati dello stato: «Al fine di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari, i trattenimenti in servizio dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari nonché degli avvocati dello Stato, sono fatti salvi sino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore». Analoga deroga anche per i militari che hanno fruito del collocamento in ausiliaria.
Ricordiamo, in particolare, che per i magistrati, gli avvocati dello Stato e i professori universitari il limite di età, cosiddetto ordinamentale, è di 70 anni e non di 65, come è in generale. E che il trattenimento in servizio poteva essere di cinque anni, fino a 75 anni. L’effetto dell’innovazione, in questo caso, è di fatto una riduzione dell’età pensionabile effettiva da 75 a 70 anni.
Pensione anticipata d’ufficio. La seconda innovazione già operativa riguarda la possibilità per la Pubblica amministrazione di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro al raggiungimento alla massima anzianità contributiva del dipendente pubblico per la pensione anticipata (41 anni e 6 mesi di contributi per le donne, 42 anni e 6 mesi per gli uomini). La novità tocca anche il personale delle autorità indipendenti e i dirigenti medici responsabili di struttura complessa come anche i professori universitari. Attenzione, però. La norma non può essere utilizzata nel caso il dipendente abbia meno di 62 anni (65 anni per primari e professori universitari) e, dunque, sia soggetto alla penalizzazione o rischi di essere soggetto.
Divieto incarichi per pensionati. Il decreto, infine, stabilisce il divieto per i pensionati di avere incarichi di consulenza, dirigenziali o di vertice, in qualsiasi Pubblica amministrazione. Per coloro che, però, hanno in corso contratti di consulenza, il limite scatterà solo a partire dal momento della conclusione del contratto. Nella versione originaria erono previste due eccezioni. La prima riguardava il conferimento di incarichi a titolo gratuito, che rimaneva sempre praticabile. Nella versione finale, è stata introdotta la durata massima di un anno, non rinnovabile. La seconda concerne gli organi costituzionali, come Camera, Senato, Corte Costituzionale: in questi casi, era ugualmente possibile affidare incarichi a persone in pensione, anche a titolo oneroso. Ma anche questa eccezione è stata eliminata e, anzi, il divieto è stato esteso anche alle società controllate o partecipate dallo Stato e dagli enti locali.
Ricordiamo che i cambiamenti introdotti, in linea generale, impediranno, ma solo nel pubblico impiego, il pieno dispiegamento di una regola prevista dalla riforma Fornero: quella che consente di rimanere al lavoro fino al raggiungimento dei 70 per rimpinguare la rendita attraverso il sistema contributivo. Salvo che per magistrati, professori universitari e avvocati dello Stato, per i quali il limite ordinamentale di età è esattamente di 70 anni.