Nella legge di stabilità compare, ben nascosto nelle tabelle “predisposte dai tecnici del MEF” – come si legge spesso nelle cronache – un taglio violento al bilancio degli enti di ricerca (vigilati dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca).
Si tratta di 200 milioni di euro nel 2016, che passano a 220 nel 2017 e 180 nel 2018, che vanno a incidere sulla missione “fondi da ripartire” del MIUR. Giova ricordare che tra questi c’è il FOE, il fondo ordinario con cui vengono distribuiti i finanziamenti agli enti di ricerca come CNR, INAF, INFN, INGV. Non è chiaro in che proporzione verranno colpiti questi bilanci, ma sicuramente non è una buona notizia.
Il FOE ha infatti già perso centinaia di milioni di euro (rivalutato per l’inflazione) negli ultimi 15 anni e che si avvicina oramai a permettere solo il pagamento degli stipendi del personale. Ogni taglio ulteriore sui bilanci complessivi corrisponderebbe a un taglio ben maggiore sulla quota libera per la ricerca.
Si tratterebbe di un taglio ancora più sconcertante se lo si mette a confronto (come fa il preciso elenco allegato alla legge di stabilità) con quello riservato agli altri Ministeri.
Tutto questo nel più assordante dei silenzi del ministro competente, che continua – invece – a annunciare miliardi di euro nel Piano Nazionale della Ricerca e migliaia di assunzioni di ricercatori.
Se così fosse, agli Enti di Ricerca non resterebbero neanche i fondi necessari a pagare tutti gli stipendi.
E l’annunciata fusione INFN-INAF che avrebbe fatto risparmiare senza diminuire i fondi di ricerca ma magari migliorando le sinergie dov’e’ finita?
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Questi dati sono impressionanti e ci confermano in modo chiaro che il processo di decostruzione dello stato sociale continua in modo incessante e ineluttabile. Può essere istruttivo comparare le cifre di queste tabelle ai costi che lo Stato affronta in materia di spese militari [oltre 80 milioni di euro AL GIORNO per ausiliare gli USA nelle loro missioni di “pace”] e al costo degli interessi sul debito pubblico [oltre 200 milioni di euro AL GIORNO, pagati alle banche a tassi di un ordine di grandezza sopra a quelli che la BCE esige da loro]