La stabilizzazione del precariato anche ai contratti con assegni di ricerca

Fonte: Il Sole 24 Ore

di Paola Rossi

La stabilizzazione del personale precario della Pa è rivolta anche agli «assegnisti». Cioè – come spiega la sentenza del Tar Lazio 10158/2018 – l’articolo 20 del Dlgs 75/2017, attuativo della riforma Madia, non apre le procedure «per il superamento del precariato» tramite assunzione a tempo indeterminato, solo a coloro che abbiano conseguito il requisito «esclusivamente» in base a contratti a termine, e non anche con contratti di lavoro flessibile tra cui l’assegno di ricerca.

La norma interpretata
Al centro dell’interpretazione dei giudici del Tar Lazio c’è l’articolo 20, del Dlgs 75/2017, ma soprattutto la circolare del ministero della Semplificazione e la Pubblica amministrazione del 23 novembre 2017 numero 3/17 . Infatti, il documento di prassi specificatamente afferma: «Gli anni utili da conteggiare ricomprendono tutti i rapporti di lavoro prestato direttamente con l’amministrazione, anche con diverse tipologie di contratto flessibile, ma devono riguardare attività svolte o riconducibili alla medesima area o categoria professionale».
Inoltre, la circolare, nel paragrafo dedicato agli enti di ricerca dove parla in particolare delle prestazioni svolte in base a contratti di assegno di ricerca, specifica che «l’ampio riferimento alle varie tipologie di contratti di lavoro flessibile, di cui all’articolo 20, comma 2, può ricomprendere i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e anche i contratti degli assegnisti di ricerca».

La soluzione adottata
Da questo dato chiaro del documento ministeriale di prassi i giudici amministrativi concludono accogliendo il ricorso del ricercatore contro l’Istituto nazionale di Fisica nucleare, a cui con la sentenza ordinano di ammetterlo alla procedura per il superamento del precariato. Contestualmente annullando la delibera di avvio dell’iter e di formazione della graduatoria e l’avviso sull’ammissione delle domande. I giudici derivano quindi agevolmente che anche i servizi espletati nell’ambito di rapporti fondati sull’assegno di ricerca – relativamente, com’è ovvio, al personale operante nel settore della ricerca universitaria o parauniversitaria – abbiano rilevanza per la stabilizzazione prevista dalla legge nel triennio 2018-2020.

Il principio di giurisprudenza
Secondo il Tar Lazio le disposizioni «appaiano consonanti con il principio sostanzialistico di assimilazione delle prestazioni svolte sulla base di un formale contratto di lavoro con quelle svolte invece sulla base di un contratto di assegno di ricerca». E, infatti, a tale conclusione il Tar Lazio non vi giunge solo attraverso la chiarezza della circolare ministeriale, ma anche ricordando che – in armonia con la consolidata giurisprudenza lavoristica – il rapporto del titolare dell’assegno di ricerca è connotato dal requisito della subordinazione visti la continuità ed esclusività della prestazione, l’impiego di mezzi e attrezzature nella disponibilità datoriale, la natura prefissata e cadenzata della retribuzione e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione del datore di lavoro compreso l’assoggettamento al potere direttivo di quest’ultimo. Requisiti di elaborazione giurisprudenziale adottati proprio per affermare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato al di una diversa apparenza contrattuale.

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