Il ministero dell’Economia boccia il decreto sugli enti di ricerca

Fonte: Scuola 24

di Marzio Bartoloni

Dal Mef arriva un siluro alla bozza di decreto sulla semplificazione dell’attività degli enti di ricerca prevista della riforma Madia che rischia di far affondare o quantomeno di allungare i tempi della riforma voluta da Renzi che dovrebbe traghettare – secondo quanto detto dallo stesso premier – la ricerca «fuori dal perimetro della Pubblica amministrazione».

Nei giorni scorsi la Ragioneria generale dello Stato in una relazione di oltre dieci pagine fitta di considerazioni e «pareri contrari» ha sostanzialmente bocciato la bozza di decreto. Nel mirino soprattutto la parte del personale e la “parificazione” dei percorsi di carriera di ricercatori e tecnologi a quelli dell’università.

La delega tra l’altro secondo quanto prevede la riforma Madia dovrebbe essere approvata entro il 26 agosto. Tempi stretti visti i tanti passaggi che mancano ancora – dal primo via libera del consiglio dei ministri ai pareri delle commissioni parlamentari e della Stato Regioni prima del sì finale di Palazzo Chigi – che fanno pensare a un probabile slittamento. Tanto che i presidenti degli enti di ricerca in un incontro che si è svolto lunedì scorso hanno chiesto sostanzialmente al Miur di stralciare la parte relativa al personale per far approvare il resto del provvedimento senza altri intoppi.

Il no alla riforma dello status giuridico dei ricercatori Il parere della Ragioneria già dalla premessa mette nel mirino la materia del personale: il decreto secondo il Mef sottrae infatti ricercatori e tecnologi dal regime dell’impiego pubblico privatizzato (legge 165/2001) «operando una sorta di “ripubblicizzazione”» e nei fatti «uniformando, per quanto compatibile, il rapporto di impiego delle predette figure professionali» alle norme della riforma Gelmini (240/2010), «relativa allo status giuridico dei professori universitari». Una revisione che è al di fuori di quanto stabilisce la delega che «prevede – ricorda l’Economia – unicamente una semplificazione delle procedure finalizzate al reclutamento del personale degli Epr e nulla dice in ordine al regime giuridico ed economico degli stessi». Una «radicale modifica del rapporto di impiego del personale» che secondo la Ragioneria è «suscettibile di determinare maggiori oneri non quantificati e non coperti, né nella legge delega, né nella bozza di decreto». Da qui «in assenza di idonea relazione tecnica» nasce fondamentalmente il «parere contrario all’iniziativa nel suo complesso».

Bocciata dal Mef per ragioni di possibili impatti per la finanza pubblica anche l’idea prevista dal decreto di sopprimere il terzo livello del profilo di ricercatore e tecnologo (secondo la bozza ne resterebbero solo due di livelli) così come la possibilità – prevista oggi negli atenei – di assumere nel limite complessivo dell’80% del proprio bilancio, «incluse le risorse accertate provenienti da turn over». Economie, queste, che «sono state già scontate sui saldi di finanza pubblica e, pertanto, qualsiasi variazione rispetto ai parametri di calcolo introdotti a legislazione vigente, deve prevedere un’adeguata norma di copertura».

Gli altri rilievi

Sempre in tema di personale il parere della Ragioneria fa le pulci anche la revisione del sistema di reclutamento di ricercatori e tecnologi e all’idea di introdurre in sostanza una “tenure track” come avviene per l’accesso alla docenza nelle università con l’accesso alla prima fascia con concorso per titoli e alla seconda con una selezione per titoli ed esami. Una revisione che non piace alla Ragioneria anche perché «l’ordinamento delle carriere delle pubbliche amministrazioni – ricordano i tecnici del Mef – anche solo finalizzato ad effettuare meri passaggi economici all’interno di aree/profili, richiede il superamento di adeguate procedure selettive». Tanto più che per la carriera universitaria è previsto come requisito fondamentale il conseguimento dell’abilitazione nazionale.

Nel mirino anche le norme previste dalla bozza di decreto che dovrebbero semplificare l’attività degli enti di ricerca e che prevedono particolari deroghe rispetto alle norme che valgono per il resto delle Pa: dal rimborso delle spese di missione agli aquisti di beni e servizi per la ricerca fino alle spese di manutenzione degli immobili e delle infrastrutture di ricerca. Tutte modifiche che secondo la Ragioneria hanno bisogno di ulteriori aggiustamenti.

14 pensieri su “Il ministero dell’Economia boccia il decreto sugli enti di ricerca

  1. Niente status giuridico: ancora una volta hanno vinto i sindacati confederali… Viva la conservazione! A questo punto per i ricercatori degli EPR, considerando il nuovo “compartone” e le regole assurde (se applicate alla ricerca) della Brunetta, si fa davvero dura. Un pasticcio simile (voluto? e se sì, siamo sicuri che solo dai sindacati confederali?) lascia presagire il peggio per gli EPR. E pensare che nei Paesi occidentali avanzati la ricerca di punta si fa negli organismi pubblici di ricerca più ancora che nelle Università…

  2. “Nel mirino anche le norme previste dalla bozza di decreto che dovrebbero semplificare l’attività degli enti di ricerca e che prevedono particolari deroghe rispetto alle norme che valgono per il resto delle Pa: dal rimborso delle spese di missione agli aquisti di beni e servizi per la ricerca fino alle spese di manutenzione degli immobili e delle infrastrutture di ricerca. Tutte modifiche che secondo la Ragioneria hanno bisogno di ulteriori aggiustamenti.” Io farei combattere quelli della Ragioneria con i TEMPI della ricerca. Imporrei che i TEMPI delle loro decisioni amministrative siano contingentati e non derogabili. E che vengano valutati sulla celerità con cui riescono a produrre atti amministrativi, non solo con la qualità degli atti. Forse comincerebbero a capire un po’ di cose della vita reale.

  3. Cara Elisabetta, su chi abbia voluto affossare lo status giuridico, ci sarebbe tanto da capire. I soggetti, a parte i sindacati, che di sicuro hanno giocato alla luce del sole (e, come tu dici, hanno vinto), credo siano tanti. Non è chiaro, ad esempio, il ruolo dei presidenti degli Enti (tutti universitari, come al solito), ma ci possono essere tanti altri esempi!

  4. Come al solito i sindacati confederali si sono messi di traverso poichè con la riforma non potevano più “gestire” anche i ricercatori e tecnologi e mantenere i loro stipendi fermi come hanno fatto da anni, tanto è che un 4° livello impiegato guadagna più di un 3° livello Ricercatore…Nel comparto scuola dove già fanno danni per i docenti i ricercatori e tecnologi saranno ulteriormente massacrati con buona pace della ricerca pubblica, sarà contento Padoan….

  5. Leggo un po’ dei vostri commenti e noto che c’è molta disinformazione. Sono parte di un gruppo molto ampio di precari degli EPR che si stanno coordinando con i sindacati per evitare che una legge delega come quella proposta (e bocciata ) dal MEF venga approvata nella sua forma attuale. Ci stiamo coordinando per proporre qualcosa di meglio. Chi volesse, può mandare una mail a danilo.durante@cnr.it e chiedere di essere invitato sul nostro gruppo Google.

    • poveri illusi. detto senza astio, con grande partecipazione ai vostri problemi e avendo lottato, per anni, al vostro fianco

      • Grazie mille. È questo l’atteggiamento che affossa questo paese. Nessuna lotta, non dire nulla e subire. Per fortuna non tutti siamo pecore e non abbiamo il sedere al caldo come chi ci contesta. Andiamo avanti. PS: C’erano anche tuoi colleghi alle nostre riunioni.

      • il sedere caldo, certo. scusa, ma detto a me fa veramente ridere.
        andate avanti, è giusto. ma aprite gli occhi, per favore.

      • CVD, da bravo impiegato della ricerca ricorre ai sindacati e mostra una profonda ignoranza, insultando chi ha speso tempo ed energia in una lotta che poteva non appartenergli. Atteggiamenti come questo affossano il paese.

    • Caro Danilo, nonostante il tono della tua risposta non deponga molto bene sulla tua serenita’ (cosa che comprendo), provo ad esser calma e ragionante. Forse proprio una riflessione da parte tua sui motivi per cui la situazione dei precari non cambia da anni (meglio, decenni) e, soprattutto, non cambiera’ nel presente contesto, dovrebbe portarti a chiederti se il ruolo dei sindacati confederali (ruolo peraltro fondamentale, soprattutto nel capitalismo odierno del tutto malato) sia stato utile o meno, anche alla vostra causa. Gli enti di ricerca sono, e questo lo sai anche tu, allo sfascio, di cui uno degli aspetti e’ quello del precariato. Forse non lo sai, ma proprio il CNR a cui tu appartieni ha circa il 50% (o poco piu’) di personale tecnico ed amministrativo (cosa “osservata” anche dalla Corte dei Conti), ed un ricercatore guadagna, per quasi tutta la sua carriera, meno di un amministrativo (non dirigente, bada, ma semplice amministrativo), senza avere possibilita’ di carriera. Capisco che la cosa possa non interessarti (anch’io da precaria guardavo agli altri come a chi “aveva il culo al caldo”), ma posso assicurarti che questi aspetti ed altri simili (cosi’ come la demotivazione e lo scoramento che ormai imperano tra il personale ricercatore, purtroppo con un aumento esponenziale negli utlimi tempi) contribuiscono a screditare tutto il sistema degli EPR, sia presso il “pubblico” che, soprattutto, verso i politici (che non aspettano altro che alibi per tagliare, e magari dirottare risorse presso enti pseudo-privati come l’IIT). Continuare a credere che i sindacati confederali non siano parte (sottolineo, parte, non certo tutto) del problema, sembra piuttosto ingenuo (scusa la franchezza). Posso assicurarti (tra 10 anni ti auguro forse lo penserai anche tu) che una soluzione “stabile” (che a questo punto credo non ci sara’, per il semplice fatto che il mio sospetto e’ che gli EPR vadano verso la chiusura, con la complicita’ ingenua dei sindacati) passa per dinamiche stipendiali e di carriera confrontabili con quelle degli altri paesi europei. Oltretutto ti faccio osservare che a quello che mi risulta molti dei ricercatori del CNR piu’ “aperti”, anche “col culo al caldo” stanno valutando di andare all’estero; la cosa potrebbe forse farti piacere, ma ti assicuro che la perdita di ricercatori gia’ formati ricadra’ pesantemente, nel lungo termine (quando forse gia’ tu sarai “col culo al caldo”, almeno te lo auguro), sulla capacita’ di attrarre finanziamenti, sulle valutazioni, ecc., cose da cui, volenti o nolenti, non si puo’ prescindere. D’altra parte la sola avversione dei sindacati al cosiddetto status giuridico, a questo punto chiaramente patologica, dovrebbe indurre una qualunque persona pensante ad un minimo di riflessione (e sospetto), e quanto meno a porsi dei dubbi.

      • Condivido totalmente il commento di Rossana, aggiungo il precariato è utile per i sindacati che raccolgono tessere e adesioni a scioperi e mobilitazioni, a loro non converrà mai eliminarlo, a limite crearne altro. La riforma avrebbe aperto a possibilità che ora non ci sono anche per i precari oltre il fatto che il decreto riguarda anche tanti altri aspetti fondamentali che potrebbero rilanciare gli epr, quindi riprendendo il commento di Paolo dico anche io aprite gli occhi, questi sindacati non hanno mai tutelato né lavoratori né lavoratori precari ma solo gettato fumo e curato il loro orticello di privilegi, vedi distacchi, permessi, ecc. ecc.

  6. Ma un po di sana auto-critica no ?

    Hanno vinto perche’ la maggior parte dei “ricercatori” ormai si e’ impiegatizzata ! Sono pochi quelli che hanno seguito l’iter del decreto senza preoccuparsi del buono pasto, della polizza ina (per l’INFN), della paura di una mancanza di adeguamento salariale etc etc; sono ormai pochi coloro che pensano che timbrare il cartellino sia qualcosa di più’ di una seccatura e sono piuttosto avanti con l’eta’.
    Amen e speriamo che nei miei 12 anni alla pensione non mi debba toccare l’onta di ricerca a comando …

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