40 milioni: ora diteci che fine faranno

Parliamo dalla vicenda dei 40 milioni di Euro ‘per le università meritevoli’, di cui si è parlato, per diversi giorni, sui giornali. La vicenda è (per il momento) chiusa, attraverso una norma inserita nel decreto mille-proroghe (approvato il 30 dicembre) che evita che 22 di questi circa 40 milioni vengano cancellati dal bilancio dello Stato perché non impegnati entro il termine di 3 anni (la cosiddetta ‘perenzione’) e li riassegna al fondo ordinario delle università (FFO) per il 2014, mentre i rimanenti 18 vengono riassegnati nel 2015.

I rettori e molti organi di stampa avevano vivamente protestato quando questi fondi erano ‘spariti’ a causa della bocciatura in Parlamento di un’analogo articolo inserito durante la conversione di un altro decreto-legge (come è oramai d’abitudine, diventati omnibus che trasportano ogni genere di norma) perché non venivano rispettate le regole formali (di base) del bilancio dello Stato.

Solo pochi addetti ai lavori potevano però essere a conoscenza del retroscena: quei 40 milioni facevano parte di un finanziamento pluriennale partito nel 2010 con una prima tranche di 19 milioni, destinato alla realizzazione di un grande acceleratore di particelle da parte dell’INFN (in collaborazione con altre istituzioni di ricerca italiane e internazionali), sulla base di una legge fortemente voluta (e scritta) dall’allora Ministro della ricerca, l’on. Gelmini, che destinava l’8% dei fondi ordinari di tutti gli enti di ricerca per finanziare i grandi progetti (come appunto l’acceleratore “Super-B”) inseriti nel Piano Nazionale della Ricerca 2010-2013. Una pretesa a dir poco bizzarra, dal momento che l’8% dell’intero budget di questi enti corrisponde a circa 130 milioni di Euro all’anno, e almeno 3 di questi avevano una taglia dell’ordine del miliareo (oltre al progetto Super-B, i satelliti ASI a uso misto civile-militare Cosmo-Skymed, e il progetto di ricerca marina Ritmare del CNR).

Solo recentemente, dopo molti mesi di incertezza e rimandi tra comitati scientifici e decisioni ‘politiche’ che qui è lungo dettagliare (ma che sono documentate, per esempio nel mio blog https://iononfaccioniente.wordpress.com/tag/SuperB), il nuovo Ministro, on. Carrozza (o meglio, nuovissimo, nel periodo del governo Monti il dicastero è stato affidato per oltre un anno al prof. Profumo), permetteva all’INFN di dedicare questi suoi fondi a suoi progetti di ricerca di carattere nazionale, realizzabili con l’entità dei fondi disponibili, ovvero i circa 20 milioni che, di anno in anno a partire dal 2010, sono stati sottratti al bilancio ordinario dell’Ente e accantonati, e molto più realistici e concreti rispetto al progetto Super-B. Poiché l’intero impianto dei progetti del Piano Nazionale della Ricerca (pomposamente definiti ‘flagship’, progetti bandiera) era inserito in una legge (il D.lgs. 213/2009), era infatti necessaria una nuova norma di legge per consentire lo ‘storno’ di questi soldi. La norma, inserita nel decreto-legge ‘L’istruzione riparte’ del 12 settembre 2013, è stata immediatamente richiamata dall’INFN, che – nel frattempo – aveva elaborato un piano di miglioramento e consolidamento di tutte le sue infrastrutture nazionali basate su acceleratori di particelle.

La perenzione, dunque, era evitabile riassegnando i fondi e consentendo all’INFN di iscriverli nel proprio bilancio e impegnarli. Il ritardo nel rispondere a tale richiesta di ‘variazione di bilancio’, non ha però lasciato alternative al recupero dei fondi, riassegnandoli in tutta fretta a un fondo, quello ordinario delle università, in forte sofferenza a seguito dei ripetuti tagli degli scorsi anni e quindi che non avrà difficoltà a vederli tutti impegnati. Peccato che questa soluzione, quanto meno frettolosa, non risolve almeno 2 problemi non di secondaria importanza:

  • la riassegnazione all’FFO non prevede alcuna garanzia che tali soldi vengano destinati alle università meritevoli, ma semplicemente va a incrementare il ‘fondone’, pari a circa 7000 milioni, di 20 milioni all’anno per 2 anni: una goccia nel mare che molto probabilmente verrà diluita tra tutti gli atenei italiani;
  • di fatto, questo corrisponde, per gli anni 2011 e 2012, a un taglio del budget dell’INFN dell’8%, che in realtà è già stato assorbito e metabolizzato per quanto riguarda le spese ordinarie (il taglio è stato fatto in sede di prima assegnazione), ma che si trascinerà negli anni impedendo di fare investimenti in progetti di ricerca, anche solo di consolidamento, manutenzione e miglioramento di infrastrutture esistenti.

Ho fiducia che la Ministra troverà tempo e modo di dare risposta a questi due dubbi, dal momento che le stesse perplessità sono state espresse in una recente intervista anche da un autorevole membro della Commissione cultura della Camera, l’on. Ghizzoni.

Per il momento non resta che pensare a questo ulteriore taglio come a una sorta di tassa una tantum, o meglio, di “prestito”, dal momento che l’INFN avrà sicuramente la capacità di chiedere e ottenere quello che è necessario per le sue infrastrutture di ricerca.

 

4 pensieri su “40 milioni: ora diteci che fine faranno

  1. Al peggio non c’è mai fine… quindi sostituirei “avrà sicuramente la capacità…” con uno “avrà, speriamo, la capacità di chiedere e ottenere quello che è necessario per le sue infrastrutture di ricerca”. Un po’ più realistico e al passo con i tempi, non credi?

  2. La storia dei 40 Milioni – Il Sig. Bonaventura al contrario … con le dovute proporzioni. Una vicenda iniziata male e finita peggio. Ma confido in un colpo di scena finale!

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